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martedì 27 dicembre 2011

Ritorno alla normalità

E' scorretto aspettare dall'alto che qualcuno ci venga a consolare dal basso offrendoci la sua amicizia. E' facile illudersi di essere giusti quando con le orecchie tappate e gli occhi bendati si sta sopra i monti lontani da un'umanità che si muove nella sua sopportazione perfetta. 
La poesia è morta da quando i commentatori sportivi hanno fatto breccia nel cuore di chi ascoltava canzoni alla radio. Adesso le canzoni si scaricano dai siti che conosce anche Maroni, nella sua veste pubblica di musicista e cantante. La politica è in mano agli amici: c'è da fare un sacco di cose adesso che sul palco c'è posto.
L'invidia resta inganno e malvagità! 
Una volta un uomo che si credeva giusto scoppiò a piangere di fronte alla mamma che non riusciva a darsi pace per aver fatto crescere nella sua casa un essere tanto malvagio: "Che cosa t'ho fatto? Dimmi! Che cosa t'ho fatto di tanto grave?"
"Non mi hai fatto niente, neanche quando ho avuto bisogno!"
C'è chi è stata costretta a fare la serva per avere l'occasione di far sentire la sua voce pulendo la chitarra di un mendicante. 
Nei matrimoni una volta si cantava insieme, stando seduti,  e le chitarre erano a portata di mano: nessuno era costretto a fare i mestieri per mostrarsi nel suo doloroso bisogno represso. Si cantava sull'aia, perché era un piacere collettivo. La politica non era praticata neanche da chi era stato eletto in Comune o in Provincia.
La vita era movimento. Le teorizzazioni vennero dopo con gli Scolastici. Le genti seppellivano i morti nel loro giardino perché non si perdesse la traccia dell'identità. 
Adesso le identità sono false e anonime, quando devono compiere il delittuoso assassinio degli amici. 
L'amicizia non si conta da quante volte si è assistito all'agonia di chi ha creduto di mostrare una qualità. L'amicizia è fiducia e distanza. L'amico sorride quando tutto va bene all'amico. Non cerca il compenso per sé, che immagina sia stato sudato. Il sudore è il compenso, niente di più di questo dà felicità! La felicità è piacere di non essere! 
Sulle sedie le serve cantano la rabbia di non essere ascoltate. Le prostitute hanno cantato quando erano serve. Adesso hanno abdicato a favore delle puttane che non sono ancora sulla strada. Le prostitute sono contente quando una macchina coi fari accesi si avvicina: accade tutto di nascosto, in cui si rischia di persona.
Anche domani sarà mattino, con le abitudini che riprendono alla luce del giorno. Nel petto restano le paure e il  rimpianto di non essere state amiche delle cameriere quando quelle le hanno trattate da amiche, e avvisate.
La verità è dolorosa.
L'invidia resta inganno e malvagità!


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