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lunedì 21 gennaio 2013

Promesse d'amore, interrotte dal tempo e dalla volontà di lasciare inconclusi i risvolti

Chi potrà mai credere che un'umanità priva di forme apparenti concorra all'affermazione dell'uomo nella sua alta rappresentazione?!
Ho visto la gioia nei passi di anziane figure in processione, curve, nel tempo della misericordia di una festività di paese, battersi il petto annoiato da paure soffocanti.
Da bambini quelle genti si  guardavano con occhi atterriti, resi dolci dal gesto protettivo il quale anche se non arrivava completamente allo scopo metteva fiducia nel respiro che si placava e sentiva la forma e la presenza di quella fiducia. E quelle mani scarne, ritorte e nodose mostravano lividi che invitavano alla pietà e all'amore, all'idea di essere carne consacrata alla generazione e alla vita. E si aveva piacere del gesto che univa passato e presente, che univa il vecchio al giovane, la bellezza al declino. Le une e le altre cose portavano traccia e memoria dell'amore. Anche ora quell'amore è presente nella carne sopravvissuta all'azione del tempo che non muta forma al reale eterno. Le contingenze sono dinieghi di chi tace le differenze tra l'essere e l'essere stato.

Se non c'è scambio non c'è vita né morte. L'assenza è volontaria e incolpevole. Quando l'eco dell'amore si è smarrito nel dubbio e nell'errore di esistenze dissennate non ci sono colpevoli. Ci sono consuetudini e adattamenti all'assenza.
"Non dirmi che mi ami! Non mi importa del tuo richiamo egoistico! L'amore è  smarrimento eterno!" disse l'amata perdendo l'incanto di un amore consumato tra le lenzuola di un letto mai sazio. E sputò su quella sporcizia dell'anima, che rese tersa di lacrime e di propositi nuovi.
Un bambino pianse sul petto gelido della mamma, stringendole la mano che l'abbandonò: "Quando morirò anch'io" sorrise, provando la gioia dell'eterna promessa, "ci incontreremo! Staremo insieme su una nuvola! Io porterò con me i miei album da disegno e i pastelli colorati. Tu ti farai trovare a scrivere le tue cose computer, così non perderai l'abitudine al pensiero.
Sorrise, lasciando la mano alla madre che trovò la discesa. Nel suo volto scorse il piacere di quella promessa nonostante il dolore per quel distacco temporaneo e passeggero.


domenica 20 gennaio 2013

#Io sto con Marco, Amnistia, Giustizia, Libertà


Un paese che si spaventa perché Berlusconi è tornato, mentre ride e gioisce quando immagina che il peggio sia passato.
Un paese così è virtuale, vive di attese e di fantasie che gli offrono la soluzione vantaggiosa per essere sereni. Attese e soluzioni che vengono accettate perché si immagina siano scherzo o miraggio di un bene che illusoriamente dovrà pur arrivare.
Nel mito platonico della caverna  gli occupanti di quell’antro roccioso volgevano le spalle all'ingresso e con gli occhi fissi verso l'interno vedevano riflessa sulla parete l'ombra di quanti all'esterno passavano. In quell'ombra riconoscevano la verità. A quelle ombre riconducevano il loro pensiero, i loro timori, ma anche le loro sicurezze, i loro piaceri e desideri, seppur esigui. Non avevano neppure il dubbio che fossero alienati rispetto alla condizione di realtà.
La psicanalisi fortunatamente non aveva ancora coniato  quel neologismo. Ma sempre fortunatamente non era neanche intervenuta nella vita sociale di quegli uomini l’idea di un’investigazione scientifica di quel tipo.
Rimanevano costretti in quell'unico spazio che la loro mente accettava come vero e reale, con le spalle alla luce, sicuri di essere al riparo da sinistre sciagure che là fuori  li avrebbero colpiti se solo avessero provato a voltare la testa o  avessero pensato di avventurarsi per sentieri scoscesi e impervi che realizzavano un cammino impossibile in un rovinoso mondo esteriore.
Meglio restarsene seduti all'interno, dove il conforto di quella realtà conosciuta era evidente fosse causa e fine del reale. Era certamente per loro reale. Certamente perché non ammetteva neppure il riflesso di un dubbio.
Una bambina, in un altro mondo, molto lontano dall’aria scura del mito endolitico di  Platone,  si lamentava col papà perché diceva che era limitato il suo giudizio sulla bontà del latte; anzi, il suo giudizio era condizionato dalla sua età.
Nella realtà più prossima al tempo attuale ci sono persone che non hanno maturato neppure la necessità di un linguaggio, quindi vivono senza parole. Vivono fisicamente: molto spesso si esprimono espellendo la voce a scatti, ridendo, se magari un comico spiega loro la Costituzione. Altri trattengono il respiro per la commozione della poesia contenuta in quegli articoli. Altri fisici ridono per le barzellette di Berlusconi, e si commuovono per la poesia delle parole di Silvio. Bondi in un impulso irrefrenabile di generosa e spontanea ispirazione, ha scritto persino un volume di breve frasi meravigliose rivolte alla Bontà di Silvio, alla sua generosità, alla sua umanità.
Tutte queste vite hanno attraversato e superato le tappe evolutive di caratteri evolutivi più idonei della specie. Sono vite di gente sopravvissuta all’azione fine della selezione naturale. Sono persone scelte. Persone scelte da una selezione fine e spontanea. E questa gente è e si sente spontanea. Così com’è.
Eppure questa gente fine non convince fino in fondo. Non supera l’esame della ragione, di chi prova a dare forma a una ragione, che rifiuta i loro show. C’è chi avverte che dietro i comici che commuovono, dietro i politici che ridono e fanno ridere c’è quel sentimento pirandelliano “del contrario”. Quel sentimento che riporta nella mente dello scrittore agrigentino, cresciuto nel Caos della villa familiare posta sulla spalla della collina, tra gli ulivi e i templi, l’immagine della lumaca che posta sul fuoco “sfrigola” e si ritira, come se ridesse mentre muore e si consuma.

Ci sono persone che si sentono avvilite dentro questo mondo fatto di cose così scandalose.
Si avverte lo scandalo. Interviene la “noia” e la “nausea”, valori spontanei che si davano come essere appartenuti a persone e epoche passate. Da poco passate.
Invece questi valori spontanei, insieme al mito della caverna, sono tornati dentro angoli di vite annoiate, che hanno scoperto l’immagine nella connettività della rete. Hanno creato pagine personali e bacheche, a cui affidare le lacrime dei resti di chi in passato è stato anche capace di commuoversi intimamente per l’incontro e la visione in un angolo di strada di un corpo ferito, abbandonato: lasciato in abbandono da chi avrebbe dovuto pensare di sollevarlo.
Ci sono i ricordi di chi in passato ha sentito doveroso comprendere l’affanno di popoli in fuga da guerre di liberazione, e oltre a commuoversi per tutto quel dolore si è anche adoperato per dare accoglienza e asilo a donne e bambini, martiri di un’umanità per nulla commossa. Ci sono le lacrime di chi ha sentito un tremore nell’anima quando una nave pesante di profughi affamati e infreddoliti ha ceduto alla furia del mare, lasciando definitivamente morire quelle vite incolpevoli.
Queste persone ricche di un’umanità sepolta, manifesta appena per un orgoglio mirante alla promozione di sé, sono i figli di generazioni passate che hanno fatto la guerra, e la pace conseguente, per dare loro un insegnamento di vita e un futuro. Illudendosi. Non avrebbero mai immaginato che i figli potessero sviluppare solo facoltà tanto inutili e basse, facendo il tifo su questioni di politica, di una politica civile, su questioni di libertà, di liberalità, di valore umano, di calore umano, di valori sovrumani che invitano tutti gli uomini a riconoscersi  come il risultato di una volontà primigenia, metafisca, spirituale o naturale: Dio o Gaia: Padre Eterno o Madre terra. Non avrebbero mai pensato che i figli potessero tifare pro o contro Berlusconi, che potessero piangere immaginando Fazio che esclude Anna Oxa o Albano dal festival di san Remo, che sperassero in una sconfitta di Renzi alle primarie del Pd.
I loro padri e le loro madri hanno sperato di lasciare loro un’eredità civile e umana dove lo scopo ultimo era la saggezza di una vita spesa per migliorare le condizioni di vita di tutti.
Peccato che i figli sprecano la loro vita  all’ombra di sciagurati che li fanno ridere o piangere tanto per divertirli, senza volere che maturino cattivi pensieri. “E’ già triste così la vita, almeno un po’ di sano umorismo” ripetono tra loro, pensando di essere capaci di cogliere il nesso culturale, politico e artistico di uno show televisivo, magari di Berlusconi. Forse di Bersani. Renzi non si nomina. Lo nomina solo D’Alema, che lo apprezza adesso che ha perso le primarie.
I padri e le madri non hanno dato valore a un uomo se cercava di comprarli con i soldi o che tentava di conquistarli facendoli ridere. Sono stati in mezzo alla gente senza aver vergogna o paura di salutare chi gli rivolgeva un saluto. Adesso è un’abitudine insultarsi.
I padri e le madri erano quegli animi pieni di spirito umano che hanno avuto pietà per fatti che meritavano un sentimento così delicato. Hanno provato pietà per chi varcava il cancello di una galera per aver commesso un errore. E la stessa pietà l’hanno avuta per chi andava oltre le sbarre senza nessuna colpa, senza aver commesso nessun errore. E’ stato l’errore dello Stato, troppe volte, a non aver saputo proteggere quella persona dalla gogna e dal supplizio di una legge che l’ha ucciso nell’anima e nel corpo.
Fatti gravi come questi, nella politica in Italia, hanno solo toccato l’animo umano di Marco Pannella che è arrivato a mettere a rischio la sua vita per dare voce a chi è stato reso invisibile dentro il chiuso di una cella.
Ma Marco Pannella è la storia delle lotte politiche per l’affermazione della libertà,  sancita dalla Costituzione italiana.
Marco Pannella e i Radicali sono il senso dello Stato, che garantisce te e gli altri nella legalità, contro coloro che fanno ridere e piangere con il loro conportamento spregiudicato.
Le lotte Radicali sono impegno e rigore, che si distinguono ora più che in altri tempi, ora che l’umanità smarrita e avvilita non ha più bisogno di ridere. Chi ride veramente, intimamente, spontaneamente lo fa con le persone che sente sincere, che parlano di cose vicine, che ridono di cose che non offendono e non insegnano.
Un’umanità così ride per il piacere di un istinto. Non ride per un coro che la vuole  armoniosamente idiota. Non ride davanti alla televisione. Ride con i figli, con la moglie e il marito.
Un umanità che ride così ride perché un’altra volta piange. Un pianto che non è disperazione. E’ solo un pianto vero. Un pianto necessario. Un pianto di un’umanità che crede di poter ridere quando il momento la vuole più leggera, più serena.

sabato 12 gennaio 2013

#io sto con Marco Amnistia, Giustizia, Libertà


Un paese che si spaventa perché Berlusconi è tornato, mentre ride e gioisce quando immagina che il peggio sia passato.
Un paese così è virtuale, vive di attese e di fantasie che gli offrono la soluzione vantaggiosa per essere sereni. Attese e soluzioni che vengono accettate perché si immagina siano scherzo o miraggio di un bene che illusoriamente dovrà pur arrivare.
Nel mito platonico della caverna  gli occupanti di quell’antro roccioso volgevano le spalle all'ingresso e con gli occhi fissi verso l'interno vedevano riflessa sulla parete l'ombra di quanti all'esterno passavano. In quell'ombra riconoscevano la verità. A quelle ombre riconducevano il loro pensiero, i loro timori, ma anche le loro sicurezze, i loro piaceri e desideri, seppur esigui. Non avevano neppure il dubbio che fossero alienati rispetto alla condizione di realtà.
La psicanalisi fortunatamente non aveva ancora coniato  quel neologismo. Ma sempre fortunatamente non era neanche intervenuta nella vita sociale di quegli uomini l’idea di un’investigazione scientifica di quel tipo.
Rimanevano costretti in quell'unico spazio che la loro mente accettava come vero e reale, con le spalle alla luce, sicuri di essere al riparo da sinistre sciagure che là fuori  li avrebbero colpiti se solo avessero provato a voltare la testa o  avessero pensato di avventurarsi per sentieri scoscesi e impervi che realizzavano un cammino impossibile in un rovinoso mondo esteriore.
Meglio restarsene seduti all'interno, dove il conforto di quella realtà conosciuta era evidente fosse causa e fine del reale. Era certamente per loro reale. Certamente perché non ammetteva neppure il riflesso di un dubbio.
Una bambina, in un altro mondo, molto lontano dall’aria scura del mito endolitico di  Platone,  si lamentava col papà perché diceva che era limitato il suo giudizio sulla bontà del latte; anzi, il suo giudizio era condizionato dalla sua età.
Nella realtà più prossima al tempo attuale ci sono persone che non hanno maturato neppure la necessità di un linguaggio, quindi vivono senza parole. Vivono fisicamente: molto spesso si esprimono espellendo la voce a scatti, ridendo, se magari un comico spiega loro la Costituzione. Altri trattengono il respiro per la commozione della poesia contenuta in quegli articoli. Altri fisici ridono per le barzellette di Berlusconi, e si commuovono per la poesia delle parole di Silvio. Bondi in un impulso irrefrenabile di generosa e spontanea ispirazione, ha scritto persino un volume di breve frasi meravigliose rivolte alla Bontà di Silvio, alla sua generosità, alla sua umanità.
Tutte queste vite hanno attraversato e superato le tappe evolutive di caratteri evolutivi più idonei della specie. Sono vite di gente sopravvissuta all’azione fine della selezione naturale. Sono persone scelte. Persone scelte da una selezione fine e spontanea. E questa gente è e si sente spontanea. Così com’è.
Eppure questa gente fine non convince fino in fondo. Non supera l’esame della ragione, di chi prova a dare forma a una ragione, che rifiuta i loro show. C’è chi avverte che dietro i comici che commuovono, dietro i politici che ridono e fanno ridere c’è quel sentimento pirandelliano “del contrario”. Quel sentimento che riporta nella mente dello scrittore agrigentino, cresciuto nel Caos della villa familiare posta sulla spalla della collina, tra gli ulivi e i templi, l’immagine della lumaca che posta sul fuoco “sfrigola” e si ritira, come se ridesse mentre muore e si consuma.

Ci sono persone che si sentono avvilite dentro questo mondo fatto di cose così scandalose.
Si avverte lo scandalo. Interviene la “noia” e la “nausea”, valori spontanei che si davano come essere appartenuti a persone e epoche passate. Da poco passate.
Invece questi valori spontanei, insieme al mito della caverna, sono tornati dentro angoli di vite annoiate, che hanno scoperto l’immagine nella connettività della rete. Hanno creato pagine personali e bacheche, a cui affidare le lacrime dei resti di chi in passato è stato anche capace di commuoversi intimamente per l’incontro e la visione in un angolo di strada di un corpo ferito, abbandonato: lasciato in abbandono da chi avrebbe dovuto pensare di sollevarlo.
Ci sono i ricordi di chi in passato ha sentito doveroso comprendere l’affanno di popoli in fuga da guerre di liberazione, e oltre a commuoversi per tutto quel dolore si è anche adoperato per dare accoglienza e asilo a donne e bambini, martiri di un’umanità per nulla commossa. Ci sono le lacrime di chi ha sentito un tremore nell’anima quando una nave pesante di profughi affamati e infreddoliti ha ceduto alla furia del mare, lasciando definitivamente morire quelle vite incolpevoli.
Queste persone ricche di un’umanità sepolta, manifesta appena per un orgoglio mirante alla promozione di sé, sono i figli di generazioni passate che hanno fatto la guerra, e la pace conseguente, per dare loro un insegnamento di vita e un futuro. Illudendosi. Non avrebbero mai immaginato che i figli potessero sviluppare solo facoltà tanto inutili e basse, facendo il tifo su questioni di politica, di una politica civile, su questioni di libertà, di liberalità, di valore umano, di calore umano, di valori sovrumani che invitano tutti gli uomini a riconoscersi  come il risultato di una volontà primigenia, metafisca, spirituale o naturale: Dio o Gaia: Padre Eterno o Madre terra. Non avrebbero mai pensato che i figli potessero tifare pro o contro Berlusconi, che potessero piangere immaginando Fazio che esclude Anna Oxa o Albano dal festival di san Remo, che sperassero in una sconfitta di Renzi alle primarie del Pd.
I loro padri e le loro madri hanno sperato di lasciare loro un’eredità civile e umana dove lo scopo ultimo era la saggezza di una vita spesa per migliorare le condizioni di vita di tutti.
Peccato che i figli sprecano la loro vita  all’ombra di sciagurati che li fanno ridere o piangere tanto per divertirli, senza volere che maturino cattivi pensieri. “E’ già triste così la vita, almeno un po’ di sano umorismo” ripetono tra loro, pensando di essere capaci di cogliere il nesso culturale, politico e artistico di uno show televisivo, magari di Berlusconi. Forse di Bersani. Renzi non si nomina. Lo nomina solo D’Alema, che lo apprezza adesso che ha perso le primarie.
I padri e le madri non hanno dato valore a un uomo se cercava di comprarli con i soldi o che tentava di conquistarli facendoli ridere. Sono stati in mezzo alla gente senza aver vergogna o paura di salutare chi gli rivolgeva un saluto. Adesso è un’abitudine insultarsi.
I padri e le madri erano quegli animi pieni di spirito umano che hanno avuto pietà per fatti che meritavano un sentimento così delicato. Hanno provato pietà per chi varcava il cancello di una galera per aver commesso un errore. E la stessa pietà l’hanno avuta per chi andava oltre le sbarre senza nessuna colpa, senza aver commesso nessun errore. E’ stato l’errore dello Stato, troppe volte, a non aver saputo proteggere quella persona dalla gogna e dal supplizio di una legge che l’ha ucciso nell’anima e nel corpo.
Fatti gravi come questi, nella politica in Italia, hanno solo toccato l’animo umano di Marco Pannella che è arrivato a mettere a rischio la sua vita per dare voce a chi è stato reso invisibile dentro il chiuso di una cella.
Ma Marco Pannella è la storia delle lotte politiche per l’affermazione della libertà,  sancita dalla Costituzione italiana.
Marco Pannella è i Radicali sono il senso dello Stato, che garantisce te e gli altri nella legalità, contro coloro che fanno ridere e piangere con il loro conportamento spregiudicato.
Le lotte Radicali sono impegno e rigore, che si distinguono ora più che in altri tempi, ora che l’umanità smarrita e avvilita non ha più bisogno di ridere. Chi ride veramente, intimamente, spontaneamente lo fa con le persone che sente sincere, che parlano di cose vicine, che ridono di cose che non offendono e non insegnano.
Un’umanità così per il piacere di un istinto. Non ride per un coro che la vuole  armoniosamente idiota. Non ride davanti alla televisione. Ride con i figli, con la moglie e il marito.
Un umanità che ride così ride perché un’altra volta piange. Un pianto che non è disperazione. E’ solo un pianto vero. Un pianto necessario. Un pianto di un’umanità che crede di poter ridere quando il momento la vuole più leggera, più serena.