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giovedì 2 dicembre 2010

Buoni o cattivi: il dilemma.

C'è la tendenza, che si sta diffondendo tra le nuove generazioni, a credere che esser buoni non ripaghi. Certamente quest'insegnamento è stato dato loro dalle medie generazioni, soprattutto, e in parte anche dalle vecchie. Le medie generazioni sono costituite dai genitori, dagli insegnanti, per citare solo coloro che hanno, avrebbero, il compito di dare insegnamento ai giovani. Appartengono ancora alle medie generazioni medici, autisti del tram, farmacisti, fruttivendoli, e tutta la variegata gamma di professionisti e lavoratori che popolano la terra. Che pensino questi di essere ripagati in qualche modo dalla vita attraverso l'adozione della cattiveria come forma dell'anima resta un vizio loro, per quanto esecrabile; ma pur sempre sporcano il mondo solo con le loro azioni. Chi è preposto all'educazione, invece, non può permettersi di sporcare l'anima di chi gli viene affidato come allievo, o che gli sia stato dato in dono dalla meraviglia divina della generazione. Le vecchie generazioni sono quelle dei nonni, che stanchi e consumati molto spesso tacciono sulle questioni di un mondo che non condividono né nella sua bontà né tantomeno per le sue chiusure. Si rapportono coi bambini come bambini, con un gesto, con un sorriso, con uno sbuffo, un vagito, con insofferenza, con remissione. Intervengono poco con la loro presenza a rendere bello o brutto, buono o cattivo il mondo. Lo subiscono o lo ignorano, restando presenti esclusivamente per la sola necessità corporale.


Genitori e insegnanti sono i veri responsabili delle colpe del cattivo insegnamento, perché il loro modo sbagliato di essere compromette l'equilibrio e la crescita di chi è costretto a subirli. Crescere è soprattutto essere e sviluppare le migliori virtù di un essere ragionevole. Non si cresce nel corpo, questo avviene per legge naturale, non bisogna esercitare volontà e ragione. Alla volontà e alla ragione si dà sviluppo nell'anima, che non è nel corpo, ma in Dio, nello Spirto Universale. Dio non è Giudice dell'uomo, non è limite e Legge, ma è libertà e verità, dove l'uomo si ritrova, realizza la grazia solenne delle sue virtù. Dio è lo spirito del mondo, è tutte le opere del mondo sono in Dio. Crescere è realizzare il mondo. Ma realizza il mondo chi è esso stesso mondo, chi accoglie in sé il tutto e lo contiene. Ma come può contenere il tutto un essere che è piccolo è limitato? Non può, per l'appunto, se resta nei suoi limiti di essere piccolo. Bisogna essere grandi, superare il corpo, e diventare sommi, universali.

Essere uomo significa non essere unico, ma essere tutti gli uomini. Essere tutti gli uomini vuol dire far il Bene dell'uomo, il bene che non è mio, ma il Bene che è di ogni uomo.

Allora: essere buoni o cattivi? La risposta è essere Bene! Essere buoni è unicamente essere Bene. Non si può credere di essere Bene se si è contro il bene di ogni uomo. Il bene di ogni uomo e il Bene. Essere uomini è essere buoni. Chi non è buono non è uomo, non è. Non esiste. Non è niente. Non è carne, non è pianta, non è minerale. Non è. Non è neanche cattivo: non è! Essere cattivo è negare a se stesso contenuto, è essere contro di sè. Essere cattivi è cancellare la traccia di sé, della propria essenza e esistenza. Chi non è non può nuocere chi è. Riconoscere nella cattiveria la forma dell'anima propria dell'uomo è pura follia, perché uno così è solo una cosa indeterminata che nega a sé prima che ad altri uguali a lui la ragione dell'esistenza. Solo chi è uomo è fuori dalla cattiveria, perché non viene neanche sfiorato dalle intenzioni di chi non è uomo - semmai si possano ritrovare intenzioni in una forma indeterminata di essere.

Solo chi può essere riconosciuto come uomo è uomo, e in quanto uomo niente potrà nuocergli, attentare alla sua esitenza. Chi è inesitente è già superato in ogni facoltà da chi è, e mai potrà sperare di esistere contro chi è sempre. Chi è non ha debolezze, non ha tentazioni, non ha limiti, non teme l'inesistenza, non teme le insidie del'inesistenza, non si cura dell'inesistenza, non si preoccupa che qualcosa indeterminata possa togliergli valore. Il valore dell'uomo è il Bene. Tutto ciò che non è Bene non esiste né per valore né per intenzione.

Buoni o cattivi?

Chi è Buono conosce ogni cosa, il male l'ha già sconfitto, perché l'ha sconfitto scegliendo di essere uomo, di essere Bene. Il male niente può contro il Bene, perché è già sconfitto in partenza da chi è solido nelle sue volontà.

I giovani non credano che vince chi spinge, perché queste forme di inesistenza spingono contro chi è già davanti a loro, e davanti all'inesistenza c'è sempre l'esistenza dell'uomo. Non credano che basti urlare per essere, perché l'inesistenza non ha voce, non esiste contro la voce possente dell'anima di chi è uomo, che sarà sempre più forte della loro.

Chi è uomo, chi è buono, ha già vinto contro chiunque speri di vincerlo. Egli è sempre davanti a loro. Perché li ha sconfitti già quando ha scelto di non essere come loro.

Essere buoni è l'essenza stessa della vita. Non c'è scelta ulteriore per essere.

domenica 28 novembre 2010

Un mondo impoverito

Tirchi, avari, oculati, parsimoniosi, scrocconi sono tutti nomi che caratterizzano la peggiore categoria di appartenenti alla specie umana.
Gente senza cuore e senza cervello, individui convinti di essere uomini a tutti gli effetti. Invece uomini non sono, perché se lo fossero condividerebbero una gioia con i loro simili, parteciperebbero ad un piacere collettivo. I tirchi non partecipano a nulla poiché nulla può mai venire da loro. Che abbiano tanto o poco non sono disposti alla condivisione. Si innervosiscono e tremano al pensiero di scucire anche qualche centesimo per far fronte ad emergenze grandi o piccole: dalla fame nel mondo, che è una grave tragedia, al risarcimento dei danni provocati dall'alluvione, al semplice barbone che gli chiede per strada di compiere un piccolo gesto. Niente! Non c'è gesto che abbia valore per nessuno al mondo e per nessuna necessità!
Esiste solo il sé, che è me, è per me, per me solo, per nessun altro! "Esisto solo io, io, io, io!". 
Qualcuno potrebbe anche trovare logico che chi ha poco sia oculato, senza dover per forza essere tacciato di tirchieria. Deve provvedere a sé. Ed ecco che ritorna il sé, che è me, e per me, per me solo anche in questo caso. Se chi ha poco avesse il senso degli altri, del piacere degli altri, potrebbe confidare sul bene collettivo quando  a lui tocca la disgrazia di aver bisogno. Ma bisogna essere disposti a dare, soprattutto a dare quando è qualcun altro che ha bisogno di un aiuto. Una società si fonda sul dare e avere, al di là che sia poco o tanto. E' la disposizione d'animo al bene collettivo che rende tutti meno bisognosi.
Sarebbe confortante incontrare per strada qualcuno che ti chieda se hai bisogno di qualcosa, di un consiglio, di un sorriso, dei soldi per il biglietto del tram o addirittura del cinema o del teatro. Sarebbe miracoloso! Oppure sarebbe un mondo normale! Che differenza fa avere in tasca dieci euro o non averli?
"Sì ma con tutti quelli che si incontrano quanti dieci euro ci vorrebbero per farli felici tutti?" ecco la domanda che non manca mai.
"Non sono mica tutti bisognosi di dieci euro quanti si incontrano per strada!" è la risposta. "Non tutti hanno bisogno di cinema o di teatro né dei soldi per il biglietto del tram! E' solo bello sentirselo dire! No? Rincuora, sapere che intorno c'è gente disposta a dare più che a chiedere!"
E' questa bellezza che rovinano i tirchi.
Mettiamo da parte la politica, però! Cosa che non fanno troppo spesso i tirchi! La buttano in politica! E così c'è il tirchio di sinistra chè è a posto perché è democratico, e in quanto tale giusto. Anzi, addirittura magnanimo! Anche se non è disposto a sganciare un centesimo  neanche se gli violentano la moglie. Purché non lo facciano a lui, tutto il resto è giusto e va bene. C'è il tirchio di destra che crede in Berlusconi, perché è un uomo coi "controcoglioni" che s'è fatto da sè! Non è molto delicato l'utilizzo della denominazione degli attributi contrari, però viene fatto da molti, anche da persone apparentemente per bene. A me non piace, mi scuso per la citazione, doverosa comunque.  Ma il tirchio di destra continua elogiando Berlusca: "Perché ha lavorato duro, ha sgobbato! Bisogna  lavorare per pretendere di voler mangiare!" conclude con questo slogan. Poi c'è il tirchio della Lega, che "non dà un cazzo a nessuno perché lui è a casa sua! Sono tutti gli altri che devono cambiare aria! A furia di fare elemosina tutti i furbi vengono a metter su famiglia in Padania! Né abbiamo pieni i maroni!" sbraita, con un leggero dubbio riguardo a quel suo riferimento: gli sembra quasi rivolto al ministro; poi si rasserena leggermente perché sarebbe un equivoco assurdo visto che il suo ha l'iniziale minuscola.

E' mortificante tutta questa società fatta da tirchi che si indebitano per avere uno schifo di macchina da centomila euro! Solo per fare un esempio lampante di atrocità. Tirchi che non danno un cazzo a nessuno. Poi restano senza soldi e quindi mendicano! Dovunque possono prendere prendono, rubano, truffano, ingannano, impoverendo il mondo di bellezza e di un bene che appartiene a tutti. Eppure sono sicuri di non dover dare un cazzo a nessuno. Eppure sono sicuri di dover ricevere da tutti. "Miserabili e carogne!" urlano e accelerano con la loro macchina schifosa, sprezzanti, correndo  in corsia di emergenza, superando una fila di punto incolonnate per il "traffico intenso".
 Com'è demoralizzante questo mondo impoverito, dove la felicità non è ricordo né speranza.
La speranza è custodita in luoghi lontani da quest'umanità impoverita. E' la speranza degli animi giusti, quelli che sono disposti ad essere.

domenica 21 novembre 2010

Preghiera per i martiri

I potenti fanno i prepotenti, come ogni giudizio scellerato si fa pregiudizio. Prepotenti e pregiudizi sono velleità, intanto la verità è soffocata dalla presenza e anche dall'assenza.

La presenza dei prepotenti rende tutti schiavi, e la paura s'impossessa degli animi esasperati dal terrore e dal fallimento.

L'assenza degli uomini liberi rende tutto brutale. Ma liberi è un di più. Basterebbe semplicemente essere uomini per evitare la prepotenza e i pregiudizi. Si eviterebbero anche violenze se ci fossero uomini di carne e di sangue. Se avessero poi il pensiero si potrebbe pensare a un mondo ideale, in cui i soldi sarebbero sempre lontani dalle velleità abusive di presuntuosi, non suntuosi; in cui la bellezza delle donne apparterrebbe all'amore e non alle mire di vecchi osceni; in cui l'amore sarebbe piacere e non disgusto e vergogna; in cui i figli avrebbero il bene di essere parte di un bene, e non di essere parte di una tragedia umana insopportabile.

Se ci fossero gli uomini, con le virtù degli uomini, carne e volontà, bellezza e piacere, onestà e rettitudine, piacere di essere, giustizia, verità, se ci fosse la capacità di essere ci sarebbe bellezza di essere.

E' nella misura che si realizza il bene. Fuori da ogni misura c'è oscenità e dispiacere. C'è presunzione, prepotenza, presentimento, presagio. Squallore.

Bisogna ritrovare il senso nelle azioni, le parole sono state abusate da tempo. Prepotenti e schiavi a parole si dicono uomini, ma sono lontani dall'essere umani.


Un vecchio che brama la bellezza di una giovane ragazza non appartiene al genere umano, ma ha comportamenti animali. Una ragazza che si vende ad animali senza ribellarsi non rende bello il mondo, lo sporca allo stesso modo dei suoi compratori. Il silenzio di chi è schiavo è colpevole quanto la presunzione e l'arroganza dei prepotenti.

Martiri e suicidi, benché sia doloroso piangere la loro assenza, benché non sia giusta la loro assenza, sono l'ultimo esempio di coraggio.

giovedì 11 novembre 2010

Intelligenze interiori

Vi sono espressioni di volti pallidi e sfigurati, che andrebbero rianimati, incoraggiati a compiere uno sforzo per poter apparire umanamente compatibili con quei corpi che sovrastano appena, solo perché posti più in alto. Volti senza forme, senza sguardi, occhi perplessi, completamente chiusi per  non lasciare che altri occhi vivi, quei pochi scampati al massacro e alle mutazioni, possano attraversarli e verificare l'inutilità delle loro desolate profondità . Paiono imploranti a volte certe espressioni e certi sguardi, assorti, quasi pieni di contenuti, se non fosse per quella traccia esteriore che svela l'unica preoccupazione che li assale e li sgomenta: la paura di essere scoperti. Quei volti sono senza parole, a volte invece pensano di ricorrere a parole di altri, prese in prestito, per accennare un discorso e affermare una forma che dia loro riconoscimento esteriore di valore. Poi chiudono gli occhi, all'istante, e cadono nel mutismo, con gli occhi chiusi per non essere guardati. Accennano anche il ritmo di un respiro che non trova forma esteriore: è affanno e sforzo. E' fastidio per chi è costretto a fingere di riconoscere in quel respiro il soffio caldo di un'anima. Altre volte sembra che vogliano urlare una verità, facendosi forza per tendere qualche muscolo e cercare di andare fino in fondo nel discorso che si sono preparati, ma senza che nessuni li ostacoli cadono in preda a un attacco devastante di tosse che toglie loro la parola e la presunzione di una forza che non c'è. Per benevolenza si tende anche la mano ad assetti vitali tanto lontani dall'essere, si dà loro anche la possibilità di respirare, di aiutarli a tossire quando lo sforzo li attacca e li strema. Per carità cristiana si dicono parole delicate e scelte, e si fa comprendere loro che non è necessario il confronto; perché non è necessario che si dimostri un'umanità esteriore che non in tutti si manifesta. "L'importante è sapere di essere giusti dentro" si sussurra, pietosamente, quando la situazione si fa pesante e insostenibile. "Ci sono intelligenze interiori che non devono per forza trovare un'espressione esteriore" si conclude, smorzando la voce, mentre lo sguardo si posa sugli sguardi chiusi di quei volti pallidi, di quelle intelligenze che non avranno mai il piacere di guardare lontano.

Smarrimenti e maledizioni

Si è persa la traccia del bene. Smarriti il senso e la ragione ogni verità è pura illusione. Disillusi e perbenisti brontolano per l'affermazione di una nuova morale, anzi un'etica che trovi origine e valori nei loro principi. Ogni altro principio diverso dal loro è condannato aspramente da codesti nuovi giusti. Sono scandalizzati dalle vicende private e politiche di Berlusconi e non ne possono più di sapere di nuove feste e festine. Ci vorrebbe una nuova morale, anzi un'etica, ripetono convinti di essere gli unici giusti, che tenga conto dei bisogni di tutti ed escluda il privilegio di pochi. Partono da sé questi nuovi giusti, dai loro bisogni, dai loro desideri, dal loro senso del bello e del morale, anzi dell'etico, dai loro principi di padri e mariti separati, di donne sole e sconsolate, di animi feriti e disgustati dal coro di chi se la spassa in mezzo a feste e festine. Sono tutti con Fini, questi nuovi giusti, per ciò che concerne la morale politica a cui fanno riferimento, "meglio etica" specificano la loro assoluta verità. In effetti, però, Granata, Moffa e Bocchino, quel giovane politico di valore, sicuro delle sue ideee, mentre ostenta la sua bella camicia stirata perfino nella fascia posteriore, tra punta della clavicola a punta della clavicola, sono dei solidi ragazzotti simpatici: sudisti, meglio meridionalisti a voler guardare da un punto di vista etico. Sono contro gli abusi, contro l'arroganza di un Nord patetico che va a Roma a voler imporre polenta e capriolo come esempio fulgido di civiltà.
Si è smarriti davanti a tutto questo guaio sociale, smarriti ed eticamente incazzati: e la speranza è la nascita di uno Stato etico che sostituisca lo Stato patetico. Maledizioni si scorgono negli animi di chi è pronto al cambiamento, desideri rabbiosi si accendono in chi si nutre di immagini di una televisione che replica  a tutte le ore lo spettacolo della morte e del decadimento dei legami di famiglie guastate dal delirio e dai dubbi di colpevolezza.
Smarriti e maledetti si preparano al cambiamento, secondo un alto prinmcipio di un'etica singolare.

giovedì 4 novembre 2010

La Pietà

Uno può anche illudersi che vada tutto bene, che questo sia il più bel mondo fenomenico, dove la gente (la gens) agisca secondo virtù, perché crede nel bene di tutti prima che nel proprio. Uno può anche far finta di scrivere cose giuste in un blog, ma è solo un far finta perché un blog non deve essere né giusto né intelligente. Al massimo del suo fulgore deve essere di parte, dare una visione di parte delle cose che accadono, di parte deve essere la sua idea di politica, interessato il suo giudizio sul mercato, sulla borsa, sull'economia. Se poi l'economia si interessa di infedeltà, di moda, di look, tutto il resto è fuori luogo, fuori logica, fuori gioco. No, non è un gioco. Non ha senso tutto ciò che viene detto. Contano le azioni. Le parole si svendono, senza nessuna utilità, forse per futilità. Resta la coscienza. Nientaltro resta. Se c'è stanchezza va bene, diversamente c'è inganno e tristezza. Ci si sente a posto con se stessi. Bene, bravi! Quanta gente onesta avete fatto piangere oggi per la vostra vanità? Ve lo siete chiesto? Chiedetevelo! Un'altra volta, di sera, prima di chiudere gli occhi. Chiedetevelo ancora. Ancora una volta. Non assolvetevi, perché non siete santi e neanche giusti. Non provo neanche a dirvi che avreste bisogno di chiedere perdono, perché per fare questo bisogna essere onesti; quindi, virtuosi, giusti, coraggiosi, capaci di superare gli egoismi, il sé, l'io - io, io! Non ve lo dico, ma ve lo ricordo, per pietà! Perché per pietà si vive e si muore. Per pietà si cresce, per pietà si soffre, per pietà si sorride, per pietà si dice "sì" e anche per pietà si dice "no", per pietà non si giudica, per pietà non si condanna. Per pietà ci si ritira prima di subire il fascino del delitto della pace altrui. Per pietà si cerca la bellezza di una solitudine, che rende bene a chi è pietoso