Translate

giovedì 29 dicembre 2011

Thomas Mann: In memoria di Lessing

C'è chi pone domande sul perché si scrive. Chi cerca definizioni ad attività dell'anima come poeta, scrittore, artista. Chi ritiene di dover prendere le distanze dal pensiero e dai sentimenti, che sono sempre l'unico interesse dell'essere vivo. La politica è un problema da sempre, da quando si era al mondo come servi e schiavi  e anche adesso che si è democraticamente liberi. I sindacati non vanno attaccati quando ci alziamo la mattina con qualche rigurgito di risentimento. I sindacati sono momento sublime della storia dell'umanità prima che intervenisse la volontà di rendere interessante il Grande fratello. 
Anche la Germania ha avuto momenti di "bassa considerazione". 
Gli illuministi ritornano dopo essere stati rivoluzionari e fanatici della propaganda a favore della tortura. La patria si fonda sempre sul pensiero di pochi: Herder come Sgarbi, Grillo o Santoro. 
C'è chi spera. Chi prega che non paghi troppe tasse con questo governo provvisorio. C'è perfino chi vuole migrare in Australia o alle Galapagos convinto di mutare e specializzare arti atti al volo.
C'è chi va a letto presto perché domani la sua fabbrica è ancora aperta: "Menomale, coi tempi che corrono!"
Eppure i tempi hanno sempre messo in crisi le coscienze, anche di quegli animi più ispirati: "Illuminati!"
Si ritorna a Dio prima che ci ritorni qualcun altro: magari un "avversario, ma non nemico." La riscoperta di Dio è sempre una novità nella società di tutti i tempi: da San Francesco a Giorgio Bocca, da Saul a Costantino.


Che cos'è dunque, infine, se non è un poeta, o se è più che un poeta? E' ciò che il mondo civile moderno chiama, senza mitologia e sentimentalismo, uno scrittore. Per la prima volta in Germania egli incarna il tipo europeo del grande scrittore, il quale, maestro della parola libera e brillante, reale e surreale, personalità circonfusa d'arte e d'intelligenza, si fa educatore e formatore della propria nazione. E' un artista, sì. Ma nessuna distinzione tra artista e non artista - una distinzione che egli mantiene, tra le categorie del suo tempo, sino al limite della doppiezza e dell'ambiguità - ha mai impedito che l'uomo, in lui, s'impegnasse in azioni umanitarie. Egli ha amato la luce: perciò lo si chiama a ragione illuminista. Egli ha pungolato la stupidità, ha perseguitato la menzogna, ha flagellato il servilismo e la pigrizia spirituale, e ha difeso, con la più austera reverenza, la libertà del pensiero. Ha personalmente ammirato la "gloriosa schiavitù di Federico II, ma ha rifiutato il suo Stato autoritario e ha parlato di "libertà tedesca" in tempi in cui "dappertutto se ne aveva una considerazione molto bassa". Egli ha creduto all'umanità e alla sua futura età virile; lo si chiami pure "volgare ottimismo", se si vuole e si può. Niente, oggigiorno, è più stanco e senile di questa definizione della filosofia romantica, di cui si macchiò il pur rivoluzionario Wagner. Oggi non esiste che un volgare pessimismo, almeno in politica, il quale è il fattore determinante della nostra epoca.

E' bello leggere quante corone la Germania della fine del Settecento accumulò sulla sua bara, la bara di un uomo che non era stato nient'altro che un libero scrittore: ricordare le pubbliche adunanze che s'impegnarono solennemente, in quell'occasione, a conservare la sua eredità spirituale. Una tale adunanza costituisce oggi la più nobile Germania, quella spiritualmente alacre e volenterosa. Di essa fa parte chiunque auspica che un giorno si possano pronunciare sulla sua tomba le parole che Herder rivolse all'immaturamente scomparso: sempre, anche nell'errore, egli aveva cercato di divenire un uomo integro, completo, uno spirito capace di progredire e migliorare.


Nessun commento:

Posta un commento