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venerdì 29 aprile 2011

Guardando il cielo

Il cielo si guarda in modo differente, dipende dalla sensibilità di chi guarda sotto e sopra le nuvole, tra i tetti delle case, sotto i terrazzi carichi di nebbia e di notte.


C'è chi cerca il Signore lassù, chi il volto della donna amata, chi quello dell'amico, chi l'anima sua. A volte anche guardando la luce fioca delle finestre accese, che lasciano aperti spiragli di vita, travi, soffitti, pareti arredate e spoglie, lampade penzolanti, libri ammucchiati sopra mensole di legno e di vetro, si cercano sempre le speranze che sono lassù: il volto di Dio, quello della donna amata, il volto dell'amico e il volto proprio dell'anima sua.

Si cerca la terra tra le nuvole, sapendo che in terra c'è la brace o il ghiaccio dell'inferno.

Una macchina passa nella via. E la si lascia passare, per sbirciare poi tra i vetri, per riconoscere i tratti di chi è alla guida, se è uomo o donna, per cogliere spiragli di vita, uno sguardo, una voce, una nota di una canzone di quella radio accesa.

"Che feddo che fa!" Si soffia il fiato bollente tra le mani, ci si chiude nelle sciarpe, nelle tasche dei cappotti. Si guarda nel cielo, sotto e sopra le nuvole alla ricerca di un'umanità che manca, di chi ci manca. Si cerca il suo sguardo, i capelli, la voce possente di Dio.

Un aeroplano vola in alto, portando lontano la speranza di una città che muore nella notte. I passi lenti di un passante nella strada che porta verso casa.

Bisogna guardare il cielo e le case, il volto di Dio dalla finestra. Lo sguardo in ansia per un'anima delusa dalla terra. Domani quell'anima cercherà tra le nuvole l'universo sperato.

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